"Tre Corali", per pianoforte (1997)

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Dati di registrazione:  6 gennaio 1999, Radio Vaticana, pianista Giovanni Grosskopf.

RECENSIONI
"La poesia e il talento di Grosskopf, unite a profondità di linguaggio, imprevedibilità, bellezza estetica tout court, prevedono anche l'uso di frasi melodiche liriche ed intense, molto cantabili, in un contesto armonico e melodico non tonale. Così accade nei suoi Corali, per pianoforte, opera del '97. La semplicità di scrittura fa pensare a Erik Satie, alle Ogives, ma la sonorità di questi Corali è assolutamente originale. Le melodie sono in parte improvvisate, ma la loro armonizzazione è studiata nei minimi dettagli. L'attenzione è infatti focalizzata sui cambiamenti di tensione delle melodie stesse, cui corrispondono identici cambiamenti di tensione negli accordi usati per accompagnare. Non una nota superflua è inserita nei Corali di Giovanni Grosskopf, profondi e semplici allo stesso tempo. Graduando la tensione, l'autore permette all'ascoltatore di recuperare una sensazione di logica consequenzialità. Grosskopf, da ormai 15 anni, studia gli accordi in base al loro grado di dissonanza, ed ha creato perfino un sistema di analisi computerizzato. Queste semplici melodie vengono esposte due volte ciascuna: la prima volta "nude", e la seconda armonizzate: l'orecchio segue il loro tragitto misurandone il peso differente ed il loro nuovo colore, traslucido e mutevole, quando entra l'armonia: musicalità, poesia, talento e tecnica si fondono splendidamente. "

- Enrico Raggi, musicologo, Radio Vaticana, 6 Gennaio 1999

PRESENTAZIONE DELL'AUTORE
Questi tre Corali, la cui deliberata semplicità di scrittura intenzionalmente si ricollega in parte a brani come Ogives o la Prima Sarabanda di Erik Satie, il grande compositore francese del primo ‘900, sono in realtà uno dei frutti di quindici anni di riflessioni e ricerche. Di due di loro esistono anche versioni per quartetto di flauti dolci (dal mio quartetto di flauti dolci “Musica per Amici”) e per quartetto d’archi. Si tratta di semplici melodie che vengono esposte due volte ciascuna, la prima volta così come sono e la seconda volta armonizzate, naturalmente con accordi non tonali. Le melodie usate sono nello stile che mi viene spontaneo, che definirei di “piena cantabilità atonale”, e sono perfino parzialmente improvvisate. Risalgono in parte ad alcuni anni fa. La mia attenzione si è però concentrata sul rapporto tra melodia ed armonizzazione, nel tentativo di analizzare accuratamente i cambiamenti di tensione nelle melodie e di farvi corrispondere identici cambiamenti di tensione negli accordi usati. Questo perché credo che la graduazione della sensazione di dissonanza sia il metodo principale a cui può ricorrere un compositore atonale per costruire dei passaggi che suonino logici e consequenziali esattamente come suonavano logiche le musiche costruite con il vecchio sistema delle tonalità. Graduare la sensazione di dissonanza è un metodo basato in parte su oggettivi fondamenti naturali, che non devono mai mancare in un linguaggio musicale. Anche il linguaggio della tonalità aveva un fondamento naturale: la serie degli armonici. È però molto importante rendersi conto che questo non è assolutamente l’unico fondamento naturale possibile di un linguaggio musicale, come invece è stato detto. Quando ho iniziato, quindici anni fa, ad interessarmi di musica atonale, ho intuito che il problema della comprensibilità e della immediatezza di uno stile musicale atonale doveva essere necessariamente legato al recupero di una sensazione di logica consequenzialità anche al di fuori delle vecchie regole della tonalità, ma nello stesso tempo che rinunciare alle conquiste espressive degli accordi dissonanti atonali sarebbe stato come censurare una parte fondamentale del patrimonio musicale del Novecento, una specie di rinnegamento di un’esperienza oggettivamente bella e poetica, per la quale molti avevano lavorato ed anche combattuto, in un certo senso, insomma sarebbe stato un po’ come volersi mettere il paraocchi per tornare al passato in nome del quieto vivere. Il mio ragionamento fu allora il seguente: se la sensazione di consonanza o dissonanza (cioè, in definitiva, la sensazione data dal fenomeno naturale dei battimenti) viene attentamente graduata sia nella melodia che negli accordi, e soprattutto nella scelta dei timbri, allora l’ascoltatore segue la musica percependone il suo sviluppo come del tutto naturale e consequenziale. Ho iniziato così ad occuparmi della elaborazione di un sistema armonico non tonale, basato in gran parte su questo fondamento naturale, e, attraverso molti esperimenti, ho poi elaborato un programma per computer che classifica automaticamente gli accordi non tonali, dividendoli in famiglie secondo la loro sonorità, e tentando anche di attribuire loro un indice di dissonanza (cioè un numero tanto più elevato quanto più l’accordo è dissonante). Una prima versione si chiamava NonTonalAnalysis (distribuita su Internet). È ora in preparazione una successiva versione con un nuovo nome. L’armonizzazione dei Corali è costruita proprio con l’aiuto di questo programma. Chi però ingenuamente pensa che il risultato debba allora essere freddo ed aridamente tecnico rimarrà deluso. Ovviamente la musicalità e la poesia devono essere nel cuore del compositore e non possono certo essere sostituiti da un programma di computer, che ha solo una funzione di aiuto tecnico, esattamente quella di analizzare un accordo aiutando il compositore a rendersi conto delle sue caratteristiche, a graduare le sensazioni di consonanza e dissonanza; ma allora, in definitiva, egli così può anzi conseguire risultati più comunicativi, perché una musica costruita con cura si segue meglio. Credo che i Tre Corali abbiano perciò una poetica molto chiara, e si distinguano per la loro essenzialità: l’idea era di non metterci assolutamente una sola nota in più oltre allo stretto necessario, affinché fossero molto diretti, comunicativi, semplici e profondi allo stesso tempo. Insomma, tutto il contrario di un pezzo da concorso…